Progetto di ricerca: il calendario fenologico e la disponibilità di risorse per le api

 

Riassunto

Il cambiamento climatico oltre a causare un aumento della temperatura sembra comportare l'aumento di eventi estremi e di prolungati periodi di siccità. Ne conseguono cambiamenti nei periodi di fioritura delle piante, e scarsità di polline in certi periodi dell'anno. Questi, a loro volta, causano notevoli problemi allo sviluppo delle colonie, in particolare se avvengono in momenti delicati della stagione.

Per caratterizzare le particolarità locali di questo fenomeno, stiamo costituendo un calendario delle fioriture delle piante di interesse apistico, da poi mettere in relazione con altri dati: meteorologici, sullo sviluppo delle colonie (estensione della covata e delle scorte), sul raccolto di polline.

 

Api, meteo e clima

Le api, sia mellifere che selvatiche, sono strettamente legate ai fiori, dai quali attingono il nettare e/o il polline che serve da nutrimento alle adulte e alle larve, e in cambio trasportano il polline da un fiore all'altro contribuendo, spesso in modo decisivo, all'impollinazione incrociata delle piante, garantendo così un adeguato scambio di patrimonio genetico tra individui. Alcune api sono generaliste, come ad esempio i bombi che passano in continuazione da una specie all'altra; altre sono specializzate su un singolo genere[1] o addirittura una singola specie[2]. L'ape mellifera è una generalista, ma esprime una marcata preferenza florale che induce le operaie che hanno conosciuto uno specifico fiore ad insistere sulla medesima specie e a pubblicizzarla presso le compagne di nido.

Le fioriture sono scaglionate nel corso dell'anno, dall'inverno all'autunno, con un'esplosione di fiori nel periodo primaverile e al principio dell'estate. Alcune fioriture sono molto lunghe (l'erica e il timo, per esempio) altre sono effimere (rosa canina e nespolo), ma tutte assieme forniscono nettare e un'adeguata miscela di pollini che permettono il sostentamento e la crescita delle colonie di api mellifere e dei bombi, e la nidificazione delle api solitarie, con grande abbondanza appunto in primavera e con apporti limitati negli altri periodi dell'anno.

Se in generale il periodo di fioritura di ciascuna specie è più o meno definito (per esempio, il pruno selvatico fiorisce alla fine dell'inverno e il ciliegio all'inizio della primavera), la data specifica dipende da vari fattori: dalla quota, dall'esposizione al sole, da diversi fattori microclimatici, dal calore accumulato dalla pianta fino a quel momento, dalla disponibilità di acqua, dalla varietà della pianta e così via. Così, anno dopo anno, c'è una certa variabilità nella data di inizio della fioritura. A questa si sovrappone il cambiamento climatico, che tende ad anticipare le fioriture: tra il 1971 e il 2000 mediamente di 2.5 giorni ogni decade in Europa, soprattutto a media e alta quota e per le fioriture della prima metà dell'anno, anche se in seguito questa accelerazione è diminuita[3], forse a causa del controllo esercitato dal fotoperiodo a cui comunque le piante sono sensibili[4].

Le api mellifere sono bene attrezzate per rispondere alle variazioni meteorologiche: sono in grado di mobilizzare in brevissimo tempo una vasta armata di operaie di riserva in caso di improvviso flusso nettarifero[5], e al contrario sanno ottimizzare lo sviluppo della covata anche in caso di piogge prolungate che impediscono di bottinare il polline necessario allo sviluppo delle larve riciclando, una volta esaurite le scorte di polline, le proteine già assorbite dalle larve più giovani nutrendo le larve con più probabilità di sopravvivere[6]. Il riscaldamento globale, invece, con tutte le sue conseguenze —non solo aumento medio della temperatura, ma anche eventi estremi sempre più frequenti, e recentemente anche da siccità prolungate— sono più difficili da gestire. Come riassumono bene Antonio Nanetti e Giovanni Cilia in un articolo sull'APIcoltore italiano:

"Periodi prolungati di siccità e di forti precipitazioni danneggiano o distruggono i fiori; le basse temperature e i forti venti impediscono alle api di lasciare l'alveare e di nutrirsi adeguatamente. Negli ultimi cinque anni si sono regolarmente verificati inverni miti e compatibili con un corretto svernamento delle colonie; tuttavia a ciò è corrisposto un aumento del consumo delle scorte di miele, senza possibilità di reintegrazione attraverso sufficienti raccolti di nettare nel tardo inverno. La primavera seguente, cali di temperatura e maltempo persistente, hanno spesso impedito una regolare produzione di miele e promosso frequenti episodi di sciamatura. La fenologia vegetale dipende fortemente dalle temperature. L'aumento anomalo delle temperature spesso porta a fioriture anticipate, ma successivi freddi improvvisi possono ridurre la proporzione di fiori maturi. In condizioni di cambiamento climatico più rapido della capacità di adattamento delle piante, si può ipotizzare uno scenario in cui le singole specie producono fiori sterili, sopravvivendo quindi agamicamente grazie a cloni prodotti da un piccolo numero di piante madri. Questa perdita di variabilità genetica implica il pericolo di un peggior adattamento vegetale a ulteriori cambiamenti. Pertanto il cambiamento climatico può portare alla perdita di piante autoctone che soccombono a causa della loro scarsa flessibilità dal punto di vista adattativo e ad un aumento di specie esotiche, che possono acclimatarsi più facilmente in un ambiente caldo. l nuovi equilibri potrebbero non includere specie che forniscono risorse agli impollinatori, con impatto negativo sul benessere delle api e sulla loro capacità di trovare cibo sufficiente in un determinato ambiente. l cambiamenti climatici possono influire negativamente sulla disponibilità di polline per le api e, conseguentemente, sullo sviluppo del loro corpo grasso e sul relativo contenuto di vitellogenina. La disponibilità di polline è strettamente collegata a clima e fioriture. Gli anni 2019-2021 sono stati caratterizzati da un clima molto irregolare, con periodi di piogge intense e siccità, di temperature rigide e caldo torrido. L'impatto sull'apicoltura si è concretizzato in ridotto sviluppo delle colonie, sciamature irregolari, alta mortalità di alveari e scadente produzione di miele in tutti gli apiari italiani. Nello stesso anno la persistente scarsità di polline ha spesso indottole colonie a ricorrere al cannibalismo della covata per ridurre la quantità di larve da nutrire. Tali condizioni possono promuovere un anticipo del polietismo delle api adulte, con il passaggio di giovani operaie al ruolo di bottinatrici nel tentativo di aumentare l'importazione di polline. Lo stress nutrizionale derivante da periodi di carestia può indurre cambiamenti nella dieta, nel rapporto carboidrati/proteine e carenze di significativi di aminoacidi essenziali, con conseguenze sul benessere della colonia e sulla sua sopravvivenza."[7]

Le temperature elevate e la siccità del 2022 ci hanno fornito ulteriore esempi: in primo luogo, in alcune postazioni la fioritura del ciliegio ha fornito poco nettare alle api, non abbastanza da permettere loro di costituire delle scorte capaci di traghettarle al successivo flusso nettarifero, probabilmente a causa dell'aridità che ha ostacolato la formazione di nettare. In secondo luogo, sembrerebbe che calore eccessivo e mancanza d'acqua abbiano causato una scarsità di polline in agosto, che a sua volta ha causato delle riduzioni o addirittura dei blocchi di covata, con la conseguente riduzione di produzioni di api invernali, a cui le api hanno cercato (con limitato successo) di rimediare prolungando la covata ben oltre i soliti termini[8] (con le conseguenti difficoltà per la tempistica dei trattamenti antivarroa) e a cui sono comunque seguite colonie deboli e impoverite nella primavera 2023. 

Il calendario fenologico, un primo strumento per il monitoraggio delle risorse per le api

Un calendario delle fioriture, che indichi non solo la presenza di fiori ma anche la loro abbondanza, può fornire un primo strumento per indagare sulle relazioni tra meteo, clima, ritmi naturali delle piante e sviluppo delle colonie. È chiaro, infatti, che la prosperità delle api dipende dall'abbondanza di risorse in ciascun momento e dalla possibilità di bottinarle; queste ultime dipendono dalle condizioni meteo immediate (sole, pioggia, vento, temperature …), mentre le fioriture dipendono dalle condizioni precedenti, cioè sia dalla meteo che dal clima. L'abbondanza delle fioriture, poi, dipende anche dai ritmi intrinseci delle piante (per esempio, molte piante alternano fioriture molto abbondanti con fioriture meno ricche o addirittura scarse).

tiglio 2021  tiglio 2022

 

fioritura del medesimo tiglio, a Gola di Lago, luglio 2021 e luglio 2022

Il nostro obiettivo è quello di registrare i dati riguardanti le fioriture, in modo da poi permettere un'analisi combinata con altri elementi —in particolare, le analisi polliniche, sia dei pollini inclusi nel miele (analisi che alcuni apicoltori fanno eseguire tutti gli anni) che dei pollini raccolti dalle api. L'analisi dei pollini raccolti richiede ulteriori preparazioni (e di fondi dei quali attualmente non disponiamo), ma la preparazione del calendario delle fioriture è già in corso di sviluppo. Questi dati, infine, potranno essere collegati con dati riguardanti lo sviluppo delle colonie, come l'evoluzione del peso e l'estensione della covata —anch'essi da raccogliere a campione.

Il calendario delle fioriture

I calendari fenologici sono un esercizio dalla lunga storia: se ne hanno tracce in Egitto, ne esistono di sistematici in Cina e in Giappone dall'ottavo e nono secolo, rispettivamente.[9] I calendari moderni raccolgono anche altre informazioni, oltre alle fioriture, come l'apertura e la caduta delle foglie. In Svizzera esistono almeno due reti di osservazione fenologico, che collaborano tra loro: PhaenoNet, che raccoglie le osservazioni su 15 specie (tra le quali sono di interesse apistico l'acero di monte, il castagno, l'ippocastano, il prugnolo, il nocciolo e due specie di tiglio), e la rete fenologica di Meteosvizzera, che raccoglie e pubblica sul suo sito le osservazioni di 160 stazioni su 26 piante (tra le quali di interesse apistico quelle incluse da PhaenoNet con l'eccezione del prugnolo ma con l'aggiunta della robinia, ciliegio, melo, pero e tarassaco). 

Per i nostri scopi questo non è sufficiente: anche se i maggiori flussi nettariferi di pianura e collina sono coperti, i problemi legati al clima si verificano più probabilmente dopo il raccolto estivo, quando siccità o, al contrario, violenti temporali possono privare le api mellifere delle fioriture necessarie per sostentare la covata destinata a produrre le api invernali.

Stiamo dunque preparando —grazie al contributo di studenti della Scuola Secondaria Superiore di Informatica e Gestione di Bellinzona— un applicativo che permette di costituire un database di osservazioni legate alle fioriture di decine di piante nettarifere e pollinifere. Lo strumento sarà in servizio entro fine 2023, e nel frattempo stiamo comunque raccogliendo i dati relativi alla stagione in corso (primavera-estate 2023). Sono già disponibili alcuni dati relativi alle stagioni scorse, e invitiamo apicoltori e altri interessati a partecipare alla raccolta di dati, e chiediamo a coloro che avessero annotato le date di alcune fioriture nel corso degli anni scorsi ad inviarcele per poterle inserire nel database.

[inserire istruzioni]

 

Documentazione addizionale su api e calendari fenologici

Per apicoltori:

supplemento di letteratura scientifica:

 

Note

[1] Cane, J.H. A brief review of monolecty in bees and benefits of a broadened definitionApidologie 52, 17–22 (2021).  [torna al testo]

[2] Juan P. González-Varo, F. Javier Ortiz-Sánchez, Montserrat Vilà, Total Bee Dependence on One Flower Species Despite Available Congeners of Similar Floral Shape, PLOS ONE, September 22, 2016.   [torna al testo]

[3] Annette Menzel, Ye Yuan, Michael Matiu, Tim Sparks e altri, Climate change fingerprints in recent European plant phenology, Global change biology, 2020, January. Annette Menzel, Tim Sparks e altri, European phenological response to climate change matches the warming patternGlobal change biology, 2006, August.    [torna al testo]

[4] Christian Körner and David Basler, Phenology Under Global Warming, Science, Vol. 327, No. 5972, 2010.     [torna al testo]

[5] T. D. Seeley, The wisdom of the hive. The social physiology of honey bee colonies, Harvard University Press, 1995, pp. 52–54. Si noti che questo non vale per le api selvatiche specializzate su poche specie florali: poiché la fenologia vegetale reagisce ai cambiamenti climatici più velocemente di quella delle api, si creano dei divari tra fioritura e emergenza delle nuove api dal nido; anche pochi giorni di ritardo comportano una perdita notevole nella capacità riproduttiva delle api (M. Schenk, J. Krauss e A. Holzschuh, Desynchronizations in bee–plant interactions cause severe fitness losses in solitary bees, Journal of Animal Ecology 87, 2018). Tali divari, peraltro, possono anche essere una conseguenza del riscaldamento locale dovuto all'urbanizzazione (A. Fisogni, N. Hautekèete e altri, Urbanization drives an early spring for plants but not for pollinatorsOikos, 129(11), 2020). Se la dipendenza tra fiore e insetto è reciproca, questo potrebbe comportare la scomparsa di entrambi.  [torna al testo]

[6] T. Schmickl & K. Crailsheim, Cannibalism and early capping: strategy of honeybee colonies in times of experimental pollen shortages, J Comp Physiol A, 2001, vol. 187, pp. 541–547. [torna al testo]

[7] Antonio Nanetti e Giovanni Cilia, Progetto MEDIBEES — L'impatto dei fattori di stress sulle api mellifere in Italia, L'APIcoltore italiano, n.2, marzo 2023. La sola gestione delle temperature crescenti (a prescindere, cioè, dagli eventi estremi ad esse associate) sembra più facile da gestire per le api: la loro fenologia sembra adattarsi a quella, mutata, delle piante (O. Gordo e J. J. Sanz, Temporal trends in phenology of the honey bee Apis mellifera (L.) and the small white Pieris rapae (L.) in the Iberian Peninsula (1952–2004), Ecological Entomology, maggio 2006), e, almeno in paesi più a nord di noi (sud della Polonia e del Regno Unito) l'aumento generale delle temperature sembra aver portato a un aumento dei raccolti medi (A. Langowska e altri, Long-term effect of temperature on honey yield and honeybee phenologyInternational Journal of Biometeorology volume 61, 2017). Sull'effetto delle siccità prolungate si veda invece Martina Gajardo-Rojas e altri, Declining honey production and beekeeper adaptation to climate change in Chile, Progress in physical geography: Earth and environment, Volume 46, Issue 5, 2022     [torna al testo]

[8] D. Besomi, Presentazione dei dati raccolti nel 2016-2018 dagli apicoltori del Luganese .    [torna al testo]

[9] F. Spanna, M. Sanna, F. Valfrè, R. Caramiello ,V. Fossa, Fenologia. Storia ed attualità (slides)     [torna al testo]

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