La rimozione di un pungiglione d’ape (I. Jermini-Gianinazzi)

L’articolo di Visscher e altri [1] pubblicato quasi 30 anni fa su un autorevole giornale di medicina, confronta le tecniche migliori per asportare un pungiglione d’ape. L’autore principale, apicoltore pure lui, confronta la gravità delle reazioni cutanee locali tra pungiglioni rimossi semplicemente con due dita o raschiati via, dopo aver sottomesso volontari sani a punture d’api (i volontari sono i due principali autori dello studio). Visscher conclude affermando che l’effetto locale sulla pelle di una puntura non cambia se il pungiglione viene raschiato o tolto fuori stringendolo con due dita. L’unica differenza significativa constatata é che indipendentemente dal metodo usato, più a lungo viene lasciato il pungiglione nella pelle, maggiore é l’effetto locale del veleno.

La spiegazione anatomica e fisiologica del pungiglione fa riferimento alle ricerche di Snodgrass del 1910 [2]. L’apparato vulnerante di un’ape è composto dal pungiglione, da una ghiandola velenifera, e da due muscoli che muovono altrettante valvole che pompano il veleno. La quantità di veleno iniettato varia, si stima essere tra 0,1 e 0,2 mg. Il pungiglione è seghettato come un dardo e rimane conficcato nella pelle elastica dei mammiferi. Nello sforzo di allontanarsi dalla vittima, l’ape tenta di estrarre il pungiglione e strappa insieme ad esso la sacca velenifera e parte degli intestini, insieme a un ganglio nervoso e vari muscoli. I movimenti muscolari del pungiglione staccato, coordinati dal ganglio nervoso collegato, pompano ancora il veleno attraverso una valvola che regola il passaggio del liquido dalla sacca velenifera verso lo stiletto, quindi nella ferita, indipendentemente se il pungiglione viene lasciato in sede o estratto utilizzando diverse modalità.

La maggior parte dei consigli pubblicati ancora oggi sul trattamento immediato delle punture d'ape sottolinea che il pungiglione dovrebbe essere raschiato via (con la lama di un coltello, con una carta di credito o con un'unghia) e non estratto stringendolo (insieme alla vescichetta del veleno), questo per evitare di iniettarne ulteriormente.

HoneyBeeStinger statedclearlyIl risultato dello studio di Visscher è in netto contrasto con i consigli convenzionali sul trattamento immediato delle punture d'ape. Purtroppo i consigli in vigore derivano da un'incomprensione della struttura e funzionalità dei pungiglioni di ape, in particolare della valvola che regola il passaggio del veleno indipendentemente dalla pressione esercitata sulla ghiandola velenifera (v. illustrazione del meccanismo). Ancora nel 2020 [3], dopo un’analisi sistematica di tutta la letteratura in merito, non ci sono nuovi elementi che hanno portato a conclusioni differenti.

Riferimenti bibliografici

[1] Visscher PK, Vetter RS, Camazine S. Removing bee stings. Lancet. 1996;348(9023):301-302. doi:10.1016/S0140-6736(96)01367-0

[2] Snodgrass R. E., 1956 - Anatomy of the honeybee. Cornell University Press (U.S.A.), 334 pp. (una versione precedente del libro di Snodgrass può essere consultata qui)

[3] Lee JA, Singletary E, Charlton N. Methods of Honey Bee Stinger Removal: A Systematic Review of the Literature. Cureus. 2020;12(5). doi:10.7759/cureus.8078

 

Ringraziamento

L'uso schema animato dell'apparato velenifero dell'ape è stato gentilmente concesso da statedclearly.com.

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